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L’ultima Primavera.1

L’essenza della femminilità in tutto ciò che ha di più fine, di più intuitivo, di più velatamente appassionato, di più profondamente tenero; il fiore più delicato e più fragrante d’un ingegno sul meriggio per cui il dar forma al pensiero non è più un faticoso esercizio ma una facile consuetudine; la nota indovinata, giusta, fra la pittura esatta della verità e le sfumature della poesia; l’equilibrio difficile fra l’indagine psicologica e il movimento dei personaggi; questo, e più ancora, ho trovato nel fresco libro dalla veste ideale che non inganna.

Chi è Memini? Io non so. Ma credo di poter affermare che abbiamo a fare con una vera signora. Finalmente! si respira, in questo andirivieni di donne-scrittrici, non tutte gentili, che scambiano la sgarbataggine con la forza e fumano la sigaretta anche in letteratura! Memini, l’ho detto, è soavemente donna e signora; non perchè la sua arte ce lo confermi cincischiandosi in analisi da sarta e da tappezziere, o perchè ci fa vivere in un ambiente leggittimamente aristocratico; ma per una specie di delicata riservatezza, per la grazia semplice e tranquilla di cui si vela il suo stile, sempre, anche nei momenti del più alto lirismo, anche nei momenti

  1. Memini, Chiesa e Guindani, 1894.