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pensosa. E l’amica che la guida in questo congedo sentimentale ripensa seco, con pensieri ed espressioni in cui la materialità della parola quasi dispare sotto il profumo, i delicati episodi e le ore azzurre fra cui tramò ella la sua gaia rete d’amore. Ma per non sciupare di più colla mia analisi al microscopio quell’alata poesia, ecco uno dei sonetti migliori:

E ti dicono addio soavemente
Le cose intorno, e ognuna in sua sembianza
Dei brevi anni vissuti alla tua mente
Guida il sorriso d’una ricordanza.

Dalle pareti della conscia stanza,
Che tutta investe i rai del sol presente
Sfilano luminose in gaia danza
L’ore auguranti all’anima che assente.

E il picciol letto abbandonato dice:
La bella testa che da qui partia
Or sovr’altro guancial posi felice.

Arride dal balcone il cielo aperto
Che la leggiadra fidanzata spia;
Brilla il ner’occhio a interrogarlo esperto

Oh la suggestione e la gentilezza di quell’idea del piccolo letto abbandonato, il piccolo letto a cui sono noti i sogni, che ha parole di così mesta soavità! Non si può leggere con indifferenza questa pagina, poichè chi di noi non vede cogli occhi dell’anima un piccolo letto, che sapeva solo i sogni, similmente abbandonato? Chi di voi, fanciulle, non intravede il giorno che lo abbandonerà? Non so resistere al diletto di ridire un’altra poesia — l’ul-