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la sua maturità sfolgorante, il trionfo della vita, il compimento delle promesse di un anno intero.
«Lo salutano ricchi e poveri, giovani e vecchi. Egli è buono con tutti. Aprile promette, settembre ottiene. Le rondini si accingono alla partenza, i fidanzati al viaggio di nozze. Le une e gli altri ritardano ancora qualche poco. Il sole arriva caldo ancora alle note grondaie; settembre, il bel settembre dei nostri climi non ha fretta. È come una dolce sosta nel tempo.»
Qualcuno ha tacciato Elda Gianelli di cercare lo strano, il bizzarro.
Veramente per muovere con fondamento questa accusa nell’atmosfera in cui oggi ci si agita e si scrive è necessario, mi sembra, di riscontrare anomalie tali da impensierire seriamente sullo stato mentale dell’autore. Non si richiede niente di meno in quest’anno letterario mille ottocento novantadue... Oppure dobbiamo credere che il diapason dell’originalità stramba si sia spostato al punto da esser caduto al luogo della verità che si trova troppo verosimile per esser vera?...
La Gianelli osserva e raccoglie nella vita anche troppo, anche a costo di apparir di quando in quando umile e pedestre. La sua arte è equilibrata, determinata, sincera, onesta. Ella non ama le raffinatezze morbose, le voluttuose descrizioni, le cincischiature, il dettaglio. Ella non ama neanche la vaporosità di cui qualche volta i genietti alati della poesia paiono avvolgerla a tradimento, e di quel nimbo la sua geniale figura si illeggiadrisce come un giovane viso di un velo. Ma se ne libera presto, poichè ella non vuole pigliar abbaglio sul proprio cammino e tiene a guidare con mano sicura e sapiente la propria fantasia nelle vie stellate, infinite.