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E vien dagli angiporti umidi un canto
  che nella notte palpita e si duole,
  e sembra della trista isola il pianto.

Questo spirito insolito di sentimento e di vita nuova dimostri l’ideale di perfezione a cui potrebbe assurgere la lirica dal Marradi purchè palpitasse di qualche tumulto, purchè la bellezza marmorea e fredda si solcasse delle lagrime della passione. Per ora non sono che emozioni fuggevoli, dopo le quali egli affonda di nuovo nel suo giaciglio di fiori e ricomincia a fantasticare. Ora pensa a un’isola per conto proprio all’isola dei beati:

laggiù dov’io vorrei, lunge da tutti,
bere a limpidi sorsi il refrigerio
delle maree, posando dalla vita,
mentre scorresse cullata dai flutti,
senza un rimpianto, senza un desiderio
la mia beatitudine infinita.

Ma io non gli auguro di trovarla, poichè il nirvâna non è la vita; io, se osassi, augurerei invece alla sua splendida Musa solitaria che sogna fra il rezzo nel bel castello incantato, il principe amoroso della leggenda che allontanando le fronde la destasse con un bacio.