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la ricchezza dei poveri. 69

da Parigi. Ma il guaio sta qui; le ragazze uscendo non hanno appreso un mestiere, perchè il lavoro è diviso e suddiviso, sicchè una sa fare le foglie, un’altra i petali, una terza il gambo, e così via via, e nessuna può cominciare e compiere una ghirlanda. Si mira al guadagno e si guadagna; molte signore di Napoli affidano l’intero corredo di nozze allo Stabilimento, ma nè buone maestre di scuola, nè buone mogli di operai usciranno da quel convitto.

Nella mia seconda visita facevasi scuola, e mi riprometteva vedere in attività le fabbriche e le manifatture.

Derisione! delle fabbriche, manifatture, scuole di arti e mestieri rimangono appena le tracce, e per quel vantaggio che recano, sarebbe meglio fossero abolite.

C’è la tipografia, ove un direttore ha il quartiere gratuito coll’obbligo d’insegnare a 20 alunni, i quali per otto mesi non ricevono mercede, e dal nono al diciottesimo devono percepire 50 centesimi e indi 85 al giorno. — Nel passato, da quella tipografia escirono composizioni ragguardevoli e bravi tipografi, ma ora il lavoro è poco e non si ammaestrano i piccoli. Di fatto trovo solamente iscritti sei vecchi e sei giovani.

Nella calzoleria il capocalzolaio lavora e fa lavorare per proprio conto, e, se non erro, riceve uno stipendio. Ha l’obbligo di mantenere sette operai almeno per coadiuvarlo nell’insegnamento, di sborsare lire 100 all’anno agli alunni che passano alla scuola di perfezionamento, di dare agli apprendisti centesimi 6, ai garzoni 15, e nella scuola di perfezio-