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64 | parte seconda. |
suoi pregi e dei suoi difetti, come istituzione di beneficenza.
Carlo III l’ha fondato col proponimento di riparare a «quei disordini che derivavano da tanti poveri che inondano la popolatissima città.» — Il Decreto riconosce il diritto dei vecchi, dei ciechi, degli storpi e degl’inabili alla fatica, ad essere soccorsi; ma nota che la maggior parte dei medici, vagabondi e robusti si determina a professare la mendicità per menare espressamente vita oziosa e libertina, e che pupilli e orfani vanno assuefacendosi al mestiere di limosinare senza apprendere arte alcuna, e divengono facinorosi e perniciosissimi allo Stato.
Fu dunque fondato l’Albergo per accogliere e man tenere i veramente miseri, ed insegnare ai sani arte o mestiere. Durante il dominio francese amministravalo una Giunta nominata dal re Giuseppe; e l’arricchirono molti beni di monasteri soppressi. — Al tempo della Restaurazione, si commise l’errore capitale di unire all’Albergo dei Poveri, sotto la diretta e immediata dipendenza dello stesso, altri otto stabilimenti, ciascuno colla propria dote, con un unico bilancio.
È però indubitabile che per molti anni l’Istituto rispondeva allo scopo della sua fondazione.
Nel 1835 l’Albergo e gli Stabilimenti riuniti accoglievano 6310 poveri, ben nutriti con 16 once di pane, due buone pietanze e vino ogni giorno, e con carne due volte la settimana.
La rendita di allora sommava a lire 1,062,139. C’erano poi scuola di leggere e scrivere, scuola di lingua italiana, scuola normale, frequentate da 700 gio-