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54 | parte seconda. |
nel corpo sociale, fu introdotta in Italia con la Legge 3 agosto 1862 sull’amministrazione delle Opere pie, e col Regolamento per l’esecuzione della medesima, del 27 novembre 1862. Destinata ad effettuare il massimo snodamento, questa legislazione subentro d’un tratto, nelle diverse regioni italiane, a un sistema di tutela governativa, che vincolava le locali Amministrazioni, e qualche volta impacciava il conseguimento dello scopo delle pie istituzioni; mentre non aveva saputo impedire il dissesto finanziario e il decadimento di non poche di esse, anco tra le più importanti.
La legge del 1862, mirabilmente parca ed efficacemente succosa, abbraccia tutti gl’Istituti di carità e di beneficenza, e gli enti morali destinati al soccorso delle classi meno agiate, ancorchè vi sia immischiato uno scopo ecclesiastico, o il suo reggimento sia affidato a persone ecclesiastiche si regolari come secolari, obbligando queste a tenere l’amministrazione distinta, separati i redditi e il patrimonio.
Il legislatore esclude soltanto i Comitati di soccorso e le altre istituzioni mantenute per temporanee obbligazioni di privati, e la fondazione di amministrazioni, meramente private, a favore di una o più famiglie determinate o specificatamente indicate dal fondatore; perocchè le prime stanno sotto l’egida del diritto costituzionale di associazione, le altre sotto quella del diritto individuale e domestico.
Rispetta le tavole di fondazione, gli speciali regolamenti e le antiche consuetudini circa lo scopo e l’amministrazione delle singole Opere pie; ma, cessando tale amministrazione statutaria o regolamentare, vi