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gl’ipogei. 43

il colloquio passava una carrozza di prostitute che andavano alla visita. «Quelle sì, — dissero le mie interlocutrici, — sono le beniamine del Governo, hanno case, vesti, carrozza, ospedale per riceverle malate. E se di prima classe, i medici le visitano fino in casa. E con esse i nostri mariti sciupano la nostra sostanza, ed esse ce ne alienano i cuori. Dobbiamo provvedere noi e sopperire a ogni cosa per i figli, fin che piccoli. E quelle signore ci seducono anche i maschi quando adulti. E il loro lusso e il loro ozio sono spettacolo micidiale alle nostre figliole. E le padrone di quelle case adoperano ogni arte per indurle a imitarne l’esempio.»

Che rispondere a tali lamenti?

Come spiegare la distinzione fra il tollerare, il sancire, il premiare e promuovere il vizio?

Insomma al Regolamento delle prostitute non viene e non può venir fatto, neppure con spionaggio alla francese, di arrestare e confinare una terza parte di costoro. E quand’anche potesse, troveremmo il Regolamento ugualmente immorale e fautore d’immoralità. Ma non potendo, l’infausto Regolamento si chiarisce inetto al fine prefisso. Non rimane pertanto via di mezzo. È necessaria la sua abolizione immediata, e contemporaneamente bisogna trar partito di tutti i mezzi del Governo, delle Istituzioni di carità e degl’individui benevoli, per rimuovere le cause che conducono le donne al mal passo, e per punire i viziosi e i manutengoli che ve le spingono.

Riordinato il sistema generale del pauperismo in Italia, questa famiglia d’infelici rinverrà naturalmente