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gl’ipogei. 37


E. C., di diciotto anni, orfana, perseguitata dalla Polizia speciale, si presentò all’asilo con queste parole: «Non ho tetto, non ho cibo, non vorrei gettarmi al male, salvatemi.»

A. A. M., figlia d’un avvocato, orfana, morente di fame, disse che la Polizia non le diede pace e non potè stare in nessun sito, la Polizia minacciando le persone che l’alloggiavano. Per dieci giorni e notti ramingo sulle vie. Fu tenuta nell’asilo, finchè ricuperò le forze; ora è istitutrice rispettata e contenta in una famiglia di Cornovaglia. E non sembra questa un’opera degna del cuore della donna? Non procurerebbe alla donna le lodi, onde il Cristo, in cui esse fanno professione di credere, rimeritò il buon Samaritano? E come possono mettersi all’opera, se ricusano di conoscere le cause e gli effetti di così orrenda piaga sociale?

Non mi proposi, ne sarebbe ora il caso, di ripetere le argomentazioni degli abolizionisti e degli anti-abolizionisti. Basti dichiarare che io mi schierai sotto la bandiera dei primi: indottavi da considerazioni a priori, confermate da fatti che mi accadde di vedere.

Il right honorable James Stansfeld, dopo aver protestato contro la legge dal punto di vista morale e costituzionale, dimostra l’assoluta inutilità di essa dal punto di vista igienico. In un opuscolo sulla Statistica esposta annualmente dal Governo inglese intorno all’azione di questa legge, si prova la fallacia e il sofisma di tali statistiche: si prova che la diminuzione nelle malattie, e apparentemente nella prostituzione, devesi ad altre cause, non alle leggi, e che essendo le leggi applicate in Inghilterra solamente in