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306 | appendice. |
avrebbe voluto fare il suo dovere, siamo persuasi; ma perchè non costringere l’Albergo dei Poveri a compire il proprio? E se i reggitori presenti vi si oppongono, perchè non sono destituiti? Perchè il Governo, che non esita in casi meno urgenti di fare sentire il suo potere, non arroga a se stesso la direzione di tanti infelici? «Non vi dico il grido di dolore delle sedici Provincie Napoletane,» esclamò l’onorevole Coppino nel giugno del 1876.
E non teme egli che quel grido non si trasmuti nella interrogazione terribile di Jehova a Caino? Può rispondere il Governo riparatore come Caino? Egli stesso ci dice: «Noi vediamo qui una Istituzione sorta in virtù di un potere assoluto; noi vediamo qui dei Ministri di un Governo assoluto, i quali hanno portato là dentro la scuola stabilendo un contributo.» Egli dunque riconosce il diritto dei Sordo-muti alla scuola, che fu un dì fornita di tutto il necessario, dotata di maestri eletti e amorevoli, che si dedicarono al non lieve ufficio di ridare agli sventurati quella favella, onde la natura avevali orbati. Per quale ragione dunque può il Governo riparatore dell’Italia una privarli più a lungo, o permettere che altri li privino di questo diritto sacrosanto, quanto è sacrosanta la miseria?
Qui non c’è scusa o uscita possibile.
Per il Governo del Regno d’Italia «volere è potere.»
fine.