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l’Albergo dei Poveri di dare quest’insegnamento; andremo noi a liberarlo da quest’obbligo, il quale nasce se non dalla sua fondazione, certo dalle vicende della sua fondazione?
Il sussidio, cui si era obbligato lo Stato, fu regolarmente ogni anno stanziato; pel fatto del Governo la scuola può essere riaperta quando che sia, e non penso che con la grande opera dell’Albergo dei Poveri si abbia a disputare più a lungo intorno al limite che essa voglia mettere a se stessa, quanto al corrispondere a quelle funzioni che in qualità d’Opera Pia le debbono essere molto accette.
Ed ecco come noi abbiamo scritto quella lettera che è del 2 maggio, alla quale però non abbiamo ancora avuto risposta. Ma io dico che il Ministero della Pubblica Istruzione ha risoluto di volere che questa scuola come per i precedenti decreti, per le precedenti trattative si è voluto che fosse aperta, così veramente si apra; le difficoltà che possono esserci frapposte, debbono essere da un comune spirito di concordia superate; concederemo all’Albergo dei Poveri quella legittima ingerenza che esso chiede, perchè alcuni degl’inconvenienti che si sono verificati nel 1871 non si possano verificare; faremo le condizioni più favorevoli, perchè vogliamo che la scuola essenzialmente stia, e renda buoni risultati.
Facendo così il nostro dovere, e usando quei fondi che la Camera ha conceduto, non ci mettiamo di mezzo a giudicare la questione che la Pia Opera possa avere con questa o con quell’altra Provincia. È troppo chiara questa cosa, cioè che la Scuola dei Sordo-muti è passata, per autorità di chi poteva farla passare, nell’Albergo dei Poveri: e la miglior disputa sarà in torno al modo di attuarla più presto e meglio.