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250 | parte quarta. |
rativo è penetrato nelle viscere del mondo operaio. E se i suoi discepoli scansano certi scogli e resistono a certe tentazioni, non molto tarderà il tempo, in cui il lavoro detterà al capitale la legge, invece di riceverla: in altre parole, il capitale sarà nelle stesse mani che provveggono il lavoro necessario per la produzione e per la distribuzione della ricchezza.
Venendo all’atto pratico, guardiamo questo principio in azione. Venti persone mettono insieme una piccola somma. Con essa comprano all’ingrosso le cose di prima necessità. Le vendono tra di loro a chi le vuol comperare. Ad ogni acquirente con ogni compera si dà un gettone di latta. Non si fa un centesimo di credito a chicchessia; alla fine del trimestre il profitto fra la compera all’ingrosso e la vendita al minuto, sempre al prezzo della giornata, spartesi fra i compratori, riserbandosene una data quota per chi diede il capitale. Se detti socii sono veramente saldi nel voler portare i principii della cooperazione alle ultime loro deduzioni, non ritirano il capitale, ma lo lasciano accumulare, e fanno nuove compere, e mano mano, che crescono gl’individui impiegati nel vendere, se i socii sono veri apostoli della fede, acconsentono che anch’essi partecipino dei profitti. Quelle Società invece, e sono pur troppo molte, che vogliono i profitti riserbati ai soli capitalisti o socii, commettono lo stesso reato di cupidigia, onde,costoro accusano i capitalisti individuali, e tolgono all’impiegato quello sprone alla diligenza e all’economia che egli usa, quando sente che facendo prosperare gli affari altrui fa pure prosperare i proprii. L’esperienza del-