Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/258

244 parte quarta.

vede l’acqua? — sarebbe non difficile condurre copiosa acqua mediante un tubo; ma il Municipio sta in mano dei Signori, e i Signori hanno altro da pensare che all’acqua per la povera gente; eglino possiedono le loro brave cisterne, che riempiono d’inverno. La povera gente paghi il macinato e il dazio consumo e triboli per aver l’acqua.

Orbene, l’inverno bisogna che questa si rassegni all’acqua torbida per bevere e cucinare; nell’estate poi c’è il cisternone del Comune. Il quale pero si apre in date ore, onde possiamo figurarci la folla ed il tempo, acciocchè ciascuno ne attinga, e possiamo figurarci quanto devono esser gradite sì fatte noie dopo aver lavorato tutto il giorno! Negli anni di siccità l’acqua del cisternone finisce. Ed allora? — Il condotto porta contemporaneamente l’acqua alla fontana pubblica ed alla fontana del Barone. D’estate viene sempre un filo d’acqua. Pero il Barone ha elaborata in modo la pendenza del canale, che quando l’acqua scarseggia fluisca tutta da lui. Con tutto ciò non vuolsi credere, che la povera gente vada a pretendere per forza l’acqua del Barone. Oibò! essa è troppo rispettosa. Invece veggonsi in questo caso quelle infelici donne appressare il labbro alla cannella della fontana, oppure cacciarvi il dito dentro, e ritirarlo, e fare uscire così un poco di acqua, che viene richiamata da quel poco di vuoto ottenuto, e durare ore ed ore a questo supplizio per empire una conca; o tutt’al più avviene che si versi un meno sottile filo d’acqua, quando i servi del Barone hanno l’avvertenza di chiudere i rubinetti, e non mandano l’acqua, come spesso fanno,