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gl’ipogei 9

casa, remigano e lavorano la terra, per poi finire all’ospedale dei pazzi, o sotto il Ponte dei Sospiri.

Mi convinsi da ultimo che in nessun paese della terra il povero è più laborioso e più miserabile dell’Italiano. Sopraggiunsero poi le Lettere Meridionali, rivelatrici dello stato di Napoli.

Quelle lettere mi fecero senso grandissimo, per che non dettate da poeta che sogna l’ideale, nè da romanziere che scruta il secreto delle commozioni drammatiche, nè da critico politico, solitamente partigiano, perocchè ogni parola di quelle lettere era una terribile, e probabilmente involontaria, accusa al partito, di cui lo scrittore fu uno dei più incliti membri. Andai a Napoli, e per mezzo di lettere del Ministero dell’Interno alle Autorità ho potuto visitare all’improvviso e vedere in tutto e per tutto luoghi e stabilimenti, ove difficilmente occhio profano era dapprima penetrato.

E trovai a Napoli moltissimi individui che, nel solo riconoscermi infermiera del Sessanta, mi prodigarono lumi e aiuto.

E le mie lettere private d’introduzione erano di color piuttosto bianco e nero che rosso e rosa. E in questo modo nessun pregiudizio di parte mi occupava il pensiero, e per meglio tenermi imparziale ho voluto vedere ogni cosa da me stessa prima di leggere i molti e bei libri scritti intorno a Napoli da patriotti e uomini dotti; riserbandomi di leggerli uniti colle note che stesi ogni sera dopo le varie gite.

Eppure, arrivato il momento di lasciar Napoli, io sentiva di aver visto troppo poco, e la paura mi as-