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8 parte prima.

gegneri stessi dovettero portare via per forza famiglie dalle case pericolanti, le donne dicendo: Meglio morire annegati tutti insieme, che morire a uno a uno di fame, di stenti, o di tifo.»

Eppure a vedere gli uomini lavorare e faticare, ed arrischiare perfino la propria vita per trarre a salvamento la roba dei padroni, era cosa da destar meraviglia. Ed il contadino lombardo sa il suo conto meglio del contadino meridionale, e più d’uno lì, parlando di certi proprietarii, i quali non vollero pagare per il rinforzo delle sponde e così impedire una possibile rotta, disse: «Peggio per loro, questa volta; sono di loro le viti e le raccolte; le braccia rimangono a noi.» Un po’ piú di questa logica ed i ricchi proprietarii ed affittuarii lombardi, veneti e mantovani, sarebbero costretti a migliorare per interesse, se non per giustizia, lo stato dei loro dipendenti.

Ancora più triste mi riescì una visita al Manicomio femminile di San Clemente di Venezia, ove il chiaro filantropo e medico primario di quel luogo di dolore mi disse e mi provò con i registri, che mentre fra le pazze, dodici sole furono colpite per vizii, sopra più di cinquecento, due terzi erano alienate per pellagra, cioè per essere esclusivamente, e spesso insufficientemente, nutrite di polenta e d’acqua non sempre sana e pura. E chi oggimai ignora che le donne venete lavorano per lo meno altrettanto, e spesso più degli uomini? C’è difatti una duna o isoletta — Sottomarina — che ho visitata, ove gli uomini fumano, mangiano, bevono, dormono e vestono panni, e le donne, oltre a tutte le faccende di