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gl’ipogei 5

parteneva, non sperando nè sognando compenso personale.

Or la patria è creata, le mèssi sono raccolte e divise. Al popolo toccarono nuove tasse, prezzi accresciuti delle cose di prima necessità della vita, qualche scuola per chi ha scarpe e abbastanza decenti per frequentarla. Nient’altro. Dacchè nulla esso per sè sperava, il disinganno non venne per sopraggiunta alle sofferenze. Ignaro de’ suoi diritti, avvezzo all’ingiustizia, accetta con rassegnazione il duro destino, o dovendo subire qualche nuova vessazione, come quando, per esempio, il mugnaio scema troppo il sacco di granturco, guadagnato con tanta fatica, o gli si vende il deschetto se ciabattino, ovvero si mettono all’asta i cenci di casa, dice soltanto con patetica ironia: «Si stava meglio quando si stava peggio!»

Ha questa più che cristiana pazienza non può durare a lungo. Le idee del diritto dei cittadini s’inoltrano nelle moltitudini a poco a poco; le scuole stesse le insegnano; e se chi «sta in alto,» o in suso come dicono i Veneziani, non pensa e non provvede, provvederanno più tardi quelli che non regolano l’azione col pensiero.

Molti si meravigliano, perchè in Inghilterra l’aristocrazia mantenga ancora tanta autorità e tanta influenza, là ove da trent’anni le idee del diritto e dell’uguaglianza hanno fatto più progresso che in altri paesi, in cui esse ebbero culla. La spiegazione è facilissima. L’aristocrazia inglese vive osservatrice vigile, scrutatrice profonda dei segni del tempo, e dell’umore giornaliero della nazione. Quando sa di dover cedere