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118 parte seconda.

nel suo seno, le provveda almeno di mezzi per procacciarsi onestamente la vita, senza l’obbligo di farsi oblate, o sottoporsi a stenti e disagi, che fan troppo distacco dalla vita fin allora menata. Guardai il libro delle Opere pie della Provincia, e ne trovai undici destinate a questo scopo dai fondatori.

Visitai uno Stabilimento, e vi trovai 120 oblate, suore, monache e pigionanti, con sole 20 orfane, e una scuola esterna; e avendo uno dei Governatori disapprovata una tale visita, mi valsi dell’ordine del cortese comm. Movizzo, che allora faceva le veci del Prefetto dimissionario, e accompagnata da un amico medico napoletano mi presentai alla porta di Sant’Antonio alla Vicaria, detto Sant’Antoniello, o Santa Maria succurre miseris.

Lo scopo antico e odierno di tale istituto è di ricoverare, mantenere ed educare donne pericolanti, donne traviate e pentite della mala vita. Stando fuori della porta, si sente un assordante schiamazzo. Aperta la porta, qualche dozzina di oblate si presentano curiose e pettegole. Domandai della Direttrice. Una rispose: «Malata;» un’altra: «Andata a spasso; una terza: «Col confessore.»

— Si può vedere lo Stabilimento?

— Bisogna chiederne al prete.

— Dove è il prete?

— Assente.

Vidi una tavola coperta di monete di rame, come nella strada della Sezione Mercato, ove i camorristi cambiano in moneta i biglietti del popolino, ritenendosi l’un per cento. Domandai che cosa ciò significas-