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196 nelle acque profonde


o a più dimensioni, o non del tutto. Esiste in una formola matematica; questo, e niente altro, esprime l’ultima realtà, e noi possiamo raffigurarla con onde di tre, sei o più dimensioni, come ci piace. Noi possiamo interpretarlo affermando che a queste onde non compete realtà alcuna; facendo così, noi seguiremo Heisenberg e Dirac. È generalmente cosa semplicissima interpretarlo come rappresentante onde, proprio come è più semplice interpretare l’universo macroscopico come uno spiegamento d’oggetti in tre dimensioni soltanto, e i suoi fenomeni come uno svilupparsi d’eventi in quattro dimensioni, ma nessuna di queste interpretazioni possiede un valore unico e assoluto.

Da questo punto di vista, noi non troviamo, necessariamente, mistero alcuno nel contatto mobile delle nostre coscienze con la vuota bolla di sapone che noi chiamiamo spazio-tempo (p. 162) perchè esso si riduce al contatto tra lo spirito e la creazione dello spirito — come leggere un libro, o ascoltare una musica. È probabilmente superfluo aggiungere che, guardando le cose in tal modo, l’apparente vastità e vuotezza dell’universo, e l’insignificante nostra sede terrena, non deve causarci nè meraviglia nè inquietudine. Noi non dobbiamo atterrirci dalle proporzioni delle costruzioni che la nostra mente ha creato, o da ciò che altri immaginano e descrivono per noi. Nella storia del du Maurier; Pietro Ibbetson e la duchessa