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nelle acque profonde 181


mo usando per esca un pesce più piccolo, se gli viene osservato: «Sì, ma vi faccio notare che voi stesso ci mettete il pesce».

Ci sia permesso riferire un esempio più moderno e meno fantastico della stessa cosa.

Cinquant’anni fa, quando ci fu una grande discussione sul problema di comunicare con Marte, si desiderò di far noto ai supposti Marziani che esseri pensanti esistevano sulla Terra, ma la difficoltà fu di trovare un linguaggio che fosse comprensibile da entrambe le parti; fu proposto di accendere una catena di falò nel Sahara, per formare un disegno che illustrasse il famoso teorema di Pitagora, che la somma dei quadrati costruiti su i due lati minori di un triangolo rettangolo è eguale al quadrato del lato maggiore. La maggioranza degli abitanti di Marte non ne avrebbe scoperto il significato, ma si ritenne che i matematici su Marte, se ne esistevano, l’avrebbero sicuramente riconosciuto come l’opera d’un matematico sulla terra. Così facendo, essi andrebbero incontro alla critica di vedere la matematica in ogni cosa. E così è, mutatis mutandis, con i segnali del mondo della caverna in cui siamo imprigionati.

Noi non possiamo interpretare queste come ombre proiettate da attori viventi o come ombre prodotte da una macchina, ma il matematico puro riconosce che esse rappresentano quel genere di idee con cui egli è familiare nei suoi studi.