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180 nelle acque profonde


to da Platone, quale prova poteva egli vedervi della volontà geometrizzante di Dio! Keplero stesso ha scritto: «Il piacere intenso che io ho provato da questa scoperta non può esser detto in parole». Non occorre dire che questa scoperta era falsa. La nostra mente moderna la rigetta immediatamente come ridicola; noi troviamo impossibile pensare del sistema solare come d’un prodotto finito, lo stesso giorno che uscì dalle mani del suo fattore; noi lo possiamo pensare solamente come qualcosa in continua evoluzione e cambiamento, realizzante dal suo passato il proprio futuro. Tuttavia se noi per un momento potessimo dare, con la fantasia, un’impronta medioevale ai nostri pensieri, e creare a noi stessi l’illusione che la congettura di Keplero fosse vera, sarebbe chiaro che egli allora avrebbe il diritto di trarre delle conclusioni da questo fatto. La matematica che egli ha trovato nell’universo avrebbe dovuta essere qualche cosa di più di quella che egli vi aveva posto, ed egli avrebbe potuto legittimamente arguire che nell’universo c’era inerente una ragione matematica, oltre quella che egli stesso aveva usata per intenderla; egli avrebbe potuto arguire, in linguaggio antropomorfico, che la sua scoperta suggerisse essere stato l’universo ordinato da un geometra. Ed egli di fronte alla critica che la matematica da lui scoperta risiedesse nei suoi «occhiali matematici», non si sarebbe turbato di più del pescatore che prende un pesce all’a-