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nelle acque profonde 175


Quest’affermazione può difficilmente sperare di essere accettata senza discussioni, per due motivi. In primo luogo, può essere obiettato che noi semplicemente adattiamo la Natura alle nostre idee. Il musicista, si può dire, è così assorbito nella musica che egli si ingegnerà d’interpetrare ogni meccanismo come uno strumento musicale; l’abito di pensare ogni intervallo come un intervallo musicale può essere così inveterato in lui, che se egli cade per le scale e urta negli scalini numerati 1, 5, 8 e 13, troverà della musica nella sua caduta.

Alla stessa guisa, un pittore cubista non vede altro che cubi nell’indescrivibile ricchezza della natura: e l’irrealtà della sua pittura dimostra come egli sia lontano dal comprendere la natura, i suoi occhiali da cubista sono semplicemente dei paraocchi che gli impediscono di vedere più in là di una piccola frazione del grande mondo intorno a lui. Così, può essere insinuato, il matematico vede soltanto la natura attraverso i suoi paraocchi da matematico, come egli se la è foggiata per lui stesso.

Noi possiamo ricordare che Kant, discutendo i vari modi di percezione per cui la mente umana prende conoscenza della natura, conclude che essa è specialmente incline a vedere la natura attraverso gli occhiali del matematico. Appunto come un uomo che portasse occhiali azzurri vedrebbe solamente un mondo azzurro, così Kant pensa che, per le nostre dispo-