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particolare provvidenza fu disposto, così pensiamo, che il Nostro sguardo negli inizî del Nostro sommo Pontificato si rivolga subito su questo santissimo ed illustre Antecessore Nostro, onore della Chiesa e decoro. L’animo infatti si apre a grande fiducia nella sua validissima intercessione presso Dio, e si riconforta nel ricordare, così le massime sublimi che inculcò con l’alto suo magistero, come le virtù santamente da lui praticate. E se per la forza delle une e per la fecondità delle altre egli impresse nella Chiesa di Dio un’orma sì vasta, sì profonda, sì duratura, che giustamente i contemporanei ed i posteri gli diedero il nome di Grande, ed oggi ancora dopo tanti secoli si verifica l’elogio della sua iscrizione sepolcrale: egli vive eterno in ogni luogo per le innumerabili sue buone opere1, non può fare che ai seguaci tutti de’ suoi mirabili esempî, col conforto della grazia divina, non sia dato di soddisfare ai proprî officî, per quanto l’umana debolezza il consenta.


Appena v’ha bisogno di ricordare quel che dai pubblici documenti è a tutti noto. Sommo era lo scompaginamento della cosa pubblica, allorchè Gregorio ascese al sommo Pontificato; l’antica civiltà era pressochè tramontata e dilagava la barbarie in tutti i dominî del cadente Impero romano. L’Italia poi, abbandonata dagli imperatori di Bisanzio, divenuta quasi preda dei Longobardi, che, non ancora assestati, discorrevano per ogni dove, ogni cosa

  1. Apud Ioann. Diac., Vita Greg. iv, 68.