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da gran desiderio dell’onore divino e del vero bene delle anime. E tale intento si propose nel libro della Regola pastorale, dove sono raccolte le norme per la salutare formazione del clero e pel governo de’ vescovi, acconcissime non pure ai tempi suoi, ma ai nostri eziandio. Egli, come nota il suo biografo, a guisa d’Argo luminosissimo girava intorno gli occhi della sua pastorale sollecitudine per tutta l’ampiezza del mondo1, per iscoprire e correggere le mancanze e le negligenze del clero. Che anzi tremava al solo pensiero, che la barbarie e l’immoralità potessero far presa nella vita dei chierici, ed andava profondamente scosso e non sì dava più pace, allorchè avvertiva qualche infrazione alle leggi disciplinari della Chiesa, e subito ammoniva, correggeva, minacciando pene canoniche ai trasgressori, talvolta subito applicandole egli stesso, talaltra senza dilazione alcuna e senza alcun umano riguardo rimovendo gli indegni dal loro officio.
Inoltre molte massime inculcava, che in simile forma di frequente leggiamo nel suoi scritti: Con quale animo prende l’officio di mediatore del popolo presso Dio, chi non è conscio di essere familiare della sua grazia pel merito della vita?2 — Se nel suo operare vivono le passioni, con qual presunzione s’affretta a medicare il ferito, chi porta la piaga in volto?3 — Qual frutto si potrà sperare nelle
- ↑ Ioann. Diac. lib. ii, c. 55.
- ↑ Reg. past. i, 10.
- ↑ Ibid. i, 9.