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Intanto però è doloroso dover applicare ad uomini, ai quali non mancano l’acutezza della mente e la costanza dell’applicazione, il rimprovero che S. Paolo faceva a coloro, che dalle cose terrene a quelle non ascendono che sfuggono lo sguardo: Svanirono nei loro pensamenti e si ottenebrò lo stolto lor cuore: imperocchè dicendo di essere saggi, diventarono stolti1. Ed invero non altro che stolto deve dirsi colui, che tutte le sue forze intellettuali consuma a fabbricar sull’arena.


Nè meno lagrimevoli sono i guasti, che da quella negazione provengono alla vita morale degli individui e della società civile. Tolto il principio, che nulla di divino esista oltre questo mondo visibile, assolutamente non v’ha più ritegno alcuno alle sbrigliate passioni, anche più basse ed indegne, donde asserviti gli animi si gittano a disordini d’ogni specie. Abbandonolli Iddio ai desideri del loro cuore, alla immondezza; così che disonorino in se stessi i corpi loro2. Voi ben vedete, o Venerabili Fratelli, come veramente trionfi per tutto la peste dei depravati costumi, e come l’autorità civile, là dove non ricorra agli aiuti dell’anzidetto ordine soprannaturale, non sia punto capace di frenarla. Anzi l’autorità non sarà punto capace di sanare gli altri mali, se si dimentica o si nega che ogni potere viene da Dio. Il freno unico d’ogni governo è allora la forza;

  1. Ad Rom. i, 21, 22.
  2. Ib. 24.