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tiero di montagna, l’unica strada che metta in comunicazione la Val d’Arni colle cave di Falcovaja sotto il picco dell’Altissimo. Giunti alla Foce si ha una bellissima veduta di montagne. — Il Sella ci sta di faccia ed è cosa facile il raffigurarlo per la sua forma a sella rovesciata, che forse gli valse il nome; a sinistra s’innalza a cono ardito, scosceso, brullo, il picco che dicono l’Alto di Sella più indietro sempre da quella parte torreggia la bruna Tambura, e lontano, fra mezzo, s’alza il gigante Pizzo d’Uccello; a destra del Sella vedi l’elegante Cima delle piastre Bianche poi la Penna Forata, da cui si sale per praterie al Monte Fiocca, si discende poi giù alla punta detta la Piana, per risalire alla cima pianeggiante del Sumbra, dalla forma singolarissima. La veduta di altri monti che degradano sino alla pianura del Serchio ci è impedita dai fianchi del Monte Freddone. — Alla vetta dell’Altissimo si può salire più comodamente dalle cave di Falcovaia, e allora dalla Foce si viene pari pari per un viottolo un po’ scabroso alle cave, e di costì per il fianco di levante si sale su alla cima; lo spettacolo è stupendo.

L’alpinista venendo al versante delle cave, si trova sospeso su precipizi, e mira da quelle creste scoscese disseminati per i fianchi marmorei dell’immane montagna molti uomini, che paiono pigmei, lavorare alle mine che lacerano le viscere del monte, ed estrarne quei blocchi enormi destinati a prendere forme umane sotto lo scalpello dell’artista. Da quel picco, ode come eco lontana la canzone del cavatore, o il suono rauco del corno e le grida ripetute che avvertono del vicino scoppio della mina, e vede dappoi un nembo di fumo