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84 | illustri italiani |
Al legger quelle sublimi strofe siamo côlti di sbigottimento, pensando che uno possa o parere tanto ispirato anche parlando contro convinzione; o aver cangiato sì profondamente di convinzioni1. No: era servilità all’opinione.
Più schifoso è il Pericolo, dove esalta la
Francese libertà, cui sola diede |
Quivi gli s’affaccia un orrido spettro.
- ↑ Poco dopo giungeano gli Austro-Russi e Francesco Beccatini «per la resa del castello di Milano alle armi gloriose di S. M. I. e R. Francesco II, nostro augustissimo sovrano» parodiava l’inno del Monti:
Il castello è caduto. Sorgete,
Genti oppresse; natura respira;...
La barbarie una volta crollò...
Un fantasma illusorio spietato
Quanti regni ha tenuti in catene!
Italiani, all’incontro volate,
Alle spade nel sangue bagnate
Di quel popol, che in mezzo agli affanni
Tutt’Italia distrusse e ferì:
Son fuggiti i crudeli tiranni,
Dell’Italia il servaggio finì.
Chi è quel duce che vinto s’invola
Dietro l’alpe che Italia circonda?
Ma il suo vate frenetico e crudo
Di tal ferro non merta morir.
minacciarono che il sangue di Luigi Capeto ricadrebbe sulle vostre teste. Ebbene, cada. Luigi Capeto lavò tante volte le sue mani nel nostro. Repubblicani, il sangue d’un re porta fortuna». — Sangue bisogna: è una verità politica che non potrebbe negarsi se non dichiarandosi mostro d’aristocrazia e assassino del popolo. Tutte le autorità della montagna son d’accordo in ciò. Al principio della rivoluzione diceasi, «L’albero della libertà viene in tutti i paesi, ma non può coltivarsi che coi diritti dell’uomo». Bella frase per allora; ma adesso le son sciocchezze, buone per rovesciar i tiranni coronati. Oggi Tallien ci dice: — Non basta piantar alberi della libertà; perchè attecchiscano e vivano è mestieri inaffiarli di sangue». E Giulien dice: — La libertà non deve avere che origlieri di cadaveri».
Discorsi di Agricola a un club.