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72 illustri italiani

forma artistica, insignemente bella. Ben vi caratterizza le opere degli Enciclopedisti, ai quali attribuisce la compiacenza infernale d’aver preparato tanti disastri, e di contemplare il maggior delitto di cui si fosse mai contaminata la razza celtica. Re Luigi ispira compassione nell’addio al figliuolo e nel saluto che manda alle regali congiunte. Sempre v’è parlato con riverenza di Roma; Roma fatale, dinanzi a cui la temuta libertà di Francia è nebbia che vien domata dal sole, e le minacce una sonora ciancia: Roma, dove il leon di Giuda vive e rugge, e grida «Son la forza di Dio, nessun mi tocchi»; dove un pontefice, circondato e sostenuto da Aronni e Calebidi, colla preghiera assicura il trionfo della Chiesa.

Ma già poteva indovinarsi di là quel che il Monti sarebbe; aspettando sempre che gli eventi operino su lui, nulla farà per ispirazione, per l’ideale, sempre determinato dalle circostanze.

Nel IV canto, il poeta «batte a voi più sublime aura sicura» per narrare come congiurato il mondo intero uscì a danno di Francia, e n’andò sanguigno il flutto de’ fiumi e di due mari. Ma gli eventi, per allora, corsero ben diversi da quel che la Musa prediceva1; Francia dissipò la coalizione europea; dacchè la rivoluzione, come Saturno, ebbe ingojato i proprj figliuoli, qualche ordine sottentrò, nel quale la repubblica estese le conquiste, e bentosto, superando le sempre inutili Alpi, mandava un giovane generale a portar la rivoluzione a genti che non la desideravano.

Che le glorie siano inevitabilmente bersaglio all’invidia, lo attestano le vicende d’ogni illustre. Costretta al silenzio fra tanti ammiratori del Monti, ella aspettava luogo e tempo. E non la ragione ma il pretesto fu offerto da un sonetto, in cui egli invocava san Nicolò da Tolentino a favore della bellissima e vivace Costanza Braschi, moglie del nipote del papa, allora gravida, conchiudendo:

Ch’ella in te spera, e sai che generosa
Prole ha nel grembo, e qual in ciel tu sei,
Ella è grande sul Tebro; e al par pietosa.

  1. Dissi per allora: se avesse atteso fino a Waterloo non avrebbe dovuto interrompere il suo poema perchè, come scrive a Francesco Fortis, «Il rovescio delle vicende d’Europa distrugge tutto il mio piano, e non lascia più veruna speranza di fine al purgatorio del mio eroe». Ma Dio non ha fretta, e a Sedan potè vedersi come «sia di Francia ulto il delitto».