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66 | illustri italiani |
Con maggior nobiltà celebrava Il Pellegrino Apostolico allorchè Pio recavasi a Vienna per mitigare la burocratica clerofobia di Giuseppe II, tiranno da sagrestia.
Nell’ode all’areostata Montgolfier sfoggiò la sua maestria in dir le cose nuove con modi antichi, e addobbare di poesia la scienza; eppure, fra tanto bello, quante inesattezze e fin puerilità!1 e chi la paragoni all’ode a Silvia del Parini, s’accorge che viveva un poeta di ben superiore levatura.
II.
Là in Arcadia improvvisavano il Rezzonico, il marchese Casati, Gherardo de Rossi, il Bondi, il Lamberti, il Godard, il Bernardi: e stupivano tutti quando Faustino Gagliuffi improvvisamente traduceva in distici latini i loro improvvisi: e Roma tutta li ripeteva, e il cardinale Borgia gli domandava come avesse potuto superare tanta difficoltà: ed egli rispondeva: Possunt quia posse videntur.
Come in altre città della non ancora sovvertita Italia, in Roma molte case adunavano il fiore della gente civile in quelle conversazioni, allegre senza disordine, burlevoli senza vulgarità, frivole se volete, ma dove la prontezza di simpatie, il ricambio di cortesie e d’offícj, una curiosità piuttosto arguta che maligna, rendono dolci e feconde le relazioni sociali. Sono abitudini oggi smarrite, come
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Pace e silenzio, o turbini;
Deh non vi prenda sdegno
Se umane salme varcano
Delle tempeste il regno.
Rattien la neve, o Borea,
Che giù dal crin ti cola,
L’etra serena e libera
Cedi a Robert che vola.
Non egli vien d’Orizia
A insidiar le soglie:
Costa rimorsi e lacrime
Tentar d’un dio la moglie?
Mise Teseo ne’ talami
Dell’atro Dite il piede:
Punillo il Fato, e in Erebo
Fra ceppi eterni or siede.