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z’ombra di riguardo. Non fece così Claudio Cesare, il quale, secondo vien narrato, un giorno mentre la passeggiava pel palazzo, sentendo acclamazioni ed avendo inteso che Novaziano recitava non so qual componimento, subito e alla sprovveduta entrò nel circolo degli ascoltanti. Oggi ciascuno, per poche faccende che abbia alle mani, vuol esser molto pregato; e poi o non vi va, o andandoci, si lamenta d’aver perduto il giorno perchè quegli non l’ha perduto. Tanto più degni di lode sono coloro che non si distolgono dallo scrivere per la dappocaggine e superbia di questi tali»1.
Una di queste letture è descritta da Plinio ad Adriano. — Io son persuaso, negli studj come nella vita, nulla convenga all’umanità meglio che il mescolare il lepido col serio, per paura che l’uno degeneri in ipocondria e l’altro in impertinenza. Per questa ragione, dopo travagliato intorno alle più importanti cose, io passo il mio tempo in qualche bagatella. E per far queste comparire ho piglialo tempo e luogo proprio, onde avvezzar le persone oziose a sentirle a mensa: scelsi però il mese di luglio, in cui ho piena vacanza, e disposi i miei amici sopra sedie a tavole distinte. Accadde che una mattina vennero alcuni a pregarmi di difendere una causa, allorchè io men vi pensava; pigliai l’occasione di fare agl’invitati un piccolo complimento, e porger insieme le mie scuse, se, dopo averli chiamati in piccol numero per assistere alla lettura d’un’opera, io l’interrompeva come poco importante, per correre al fôro dove altri amici m’invitavano. Gli assicurai ch’io osservava il medesimo ordine ne’ miei componimenti, che davo sempre la preferenza agli affari sopra i piaceri, al sodo sopra il dilettevole, a’ miei amici sopra me stesso. Del resto l’opera, di cui ho fatto loro parte, è tutta varia, non solamente nel soggetto, ma anche nella misura dei versi. E così, diffidente come sono del mio ingegno, soglio premunirmi contro la noja. Recitai due giorni per soddisfare al desiderio degli uditori; e benchè gli altri saltino e sopprimano molti passi, io niente ommetto e niente cancello, e ne avverto quelli che mi ascoltano. Leggo tutto, per essere in grado di poter tutto emendare, il che non pos• sono fare coloro che non leggono se non alcuni squarci più forbiti. E in ciò danno forse a credere d’aver meno confidenza ch’io non abbia nell’amicizia de’ miei ascoltatori. Bisogna in realtà ben
- ↑ Ep. I, 13.