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50 | illustri italiani |
figliuoli, nè il più gl’adito alla patria, ove gli stranieri, se v’abbia maestri valenti, potranno mandare i proprj figli, ed i vostri vi porranno più grande amore avvezzandosi ad abitarvi». E scrisse a Tacito perchè da Roma gl’inviasse un maestro, senz’altra sicurtà d’esser trascelto, fuor la fiducia nel proprio ingegno1.
Voi vedete con quanta sapienza egli e i suoi coetanei già professassero il concetto di costituire i genitori unici giudici de’ maestri; concetto adottato pienamente dagli Americani con tanto vantaggio, e combattuto da’ nostri liberalastri, che implorano dal Governo l’insegnamento obbligatorio. Nè è fuor di luogo cercare quali idee avess’egli sull’educazione. Pregato da Maurico di cercargli un maestro pe’ suoi nipoti, mostra conoscere quanto importante e scabrosa sia questa scelta, e promette adoprare a ciò tutta la sua autorità, tutta la sollecitudine2. E maestro ben degno gli parve il retore Iseo3 che avea «grande facondia, abbondanza, pienezza; parla improvviso, ma come avesse scritto con lungo studio; usa linguaggio greco, anzichè attico4; limpidi, naturali, dolci gli esordj, talvolta gravi ed elevati; chiede soggetti, ne lascia la scelta agli udi’ tori, s’alza e comincia, e subito ha tutto sulle dita, con concetti pellegrini, squisitamente espressi. Ha passato i sessant’anni, eppure non è che rettore».
Da quella lunga lettera traspare il vizio dell’età e di Plinio, di valutare o soltanto o troppo la parola. Più specialmente in un’altra5 esamina le doti d’un maestro e d’una scuola. A Corellia Ispulla scrive dunque che il suo figliuolo somiglierà agli avi, al padre, allo zio, se ben educato. «Sinora fu tenuto nelle pareti domestiche, ebbe maestri in casa, dove è rara o nessuna occasione di sviamenti. Or è tempo di trarnelo fuori, trovargli un retore latino, conosciuto per severità di precetti, modestia, illibatezza. Il giovinetto, oltre il resto, è bellissimo, onde maggiore il bisogno di dargli non soltanto un precettore, ma un ajo e custode. Parmi a ciò proporti Giulio Genitore. Io l’amo, ma l’amicizia non mi fa velo. È uom coi stumato e grave; alquanto sucido e austero pei tempi che corrono