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46 illustri italiani

plebea ma nobile. Rimasto orfano nella primissima età, fu adottato dal naturalista, da cui ereditò il nome di Plinio e la passione degli studj, e fu dato alla tutela di Virginio Rufo. Questo grande romano, il quale possedeva vicino a Como la villa d’Alsio, forse Alserio, che fu poi della suocera di Plinio, era stato quattro volte console, generale delle armi romane, vincitore di Giulio Vindice; avea ricusato l’impero del mondo e preferita la quiete delle terre comasche. Plinio si lagna che, dopo dieci anni, rimanessero ancora le sue ceneri senza iscrizione e senza onore1.

Da quest’illustre personaggio Plinio avea ricevuto i precetti e gli esempj della virtù. Condottosi a Roma, ebbe assai profittevole scuola da Quintiliano, invidiabile maestro, e di soli quindici anni comparve nel fôro a patrocinare la giustizia: poi sempre trattò cause gratuitamente, talvolta discorrendo fin sette ore di seguito, senza che la folla si diradasse. Eucrate, filosofo platonico, elegante e sottile nella disputa, calmo di volto, austero di costumi come di parola, ostile ai vizj non all’umanità, incontrato da Plinio nella Siria, l’innamorò della filosofia, e gl’insegnò che il più nobile scopo di questa è far regnare tra gli uomini la pace e la giustizia. A Plinio che, colle consuete cautele oratorie, girava e rigirava attorno alle cause imitando Cicerone, Aquilio Regolo disse: — Tu credi dover trattare tutti i punti della causa: io subito vedo ov’è la gola, e la stringo». Pure sembra che Plinio davanti ai giudici veramente si riscaldasse, perocchè racconta che il buon Trajano gli mandava dire da un liberto che avesse riguardo al suo petto, e non adoprasse maggior veemenza di quella che comportava la sua debolezza2.

Quando, il gusto del bello, del giusto, del generoso, del patriotico più sembrava dileguarsi, consola l’imbatterci in quest’uomo, appassionatissimo per la gloria e devoto alla virtù. Immacolato sotto pessimi imperatori, talvolta levossi ad accusare i ministri e consigliatori di loro iniquità; maneggiò la giustizia col nobile orgoglio del galantuomo, eppure ottenne cariche e rispetto; e non si trovò impreparato quando sorsero tempi migliori. Al cessare del regno delle



  1. Epist. 10, lib. VI.
  2. Tantam curam præstitit, ut libertum meum post me stantem sæpius admoneret voci laterique consulerera, curri me vehementius putaret intendi quam gracilitas mea perpeti posset. Epist. II, 11.