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non s’appassionava delle particolarità al modo nostro: non ne raccogliamo nè quanta fosse la popolazione della città sepolta, se romana, osca, greca; in quali circostanze fu sorpresa: come si cercò evitar la morte; se numerose le vittime: quai drammi le accompagnarono: e altre curiosità, che appena ci vengono tratto tratto soddisfatte dalle scoperte che si fanno fra quelle ruine.
Plinio stesso in un’altra lettera racconta il vivere e le occupazioni di suo zio. Parco del cibo e del sonno, poco dopo mezzanotte cominciava i suoi studj, ai quali attendeva e passeggiando e nel bagno e a cena, sempre avendo a lato uno schiavo, che leggesse o scrivesse: tanto che lasciò al nipote 180 volumi, in minutissimo carattere. Furono opera sua tre libri d’arte oratoria; trentaquattro di storia de’ suoi tempi; e ventiquattro delle guerre de’ Romani in Germania; un trattato del lanciar dardi a cavallo; la vita di Pomponio Secondo; perfino scritti grammaticali, quando la tirannia di Nerone rendeva pericoloso ogni studio più elevato. Narrò in venti libri le guerre da lui fatte in Germania come capitano della cavalleria, avendogli in sogno l’ombra di Druso, nipote di Augusto, raccomandato di onorare così la sua memoria1. Varietà tanto più ammirabile, se si consideri e la brevità di sua vita, e l’occupatissimo ch’egli era in altri affari.
L’opera, che sola a noi giunse, è la Storia Naturale in trentasette libri. Nello stile cerchi invano la purezza elegante del secol d’oro; non ordinaria però n’è la forza e la evidenza: e quanta men parte di lingua latina possederemmo noi se quella fosse andata perduta! e quanto poco conosceremmo delle arti antiche! Esibito nel primo libro uno specchietto delle materie e degli autori, nel secondo tratta del mondo, degli elementi e delle meteore; seguono quattro libri di geografia, poi il settimo delle varie razze umane e dei trovati principali: i quattro seguenti versano sugli animali, classificati giusta la grossezza e l’uso, e ragionando dei costumi loro, delle qualità
- ↑ Pare che quest’opera fosse ancora conosciuta in Germania al XVII secolo, poichè Ferdinando di Furstenberg, nei Monumenta Paderbornensia, 1669, in-4, scrive: «Plinii XX volumina de bellis germanicis, quae Conr. Gesnerus Augustse Vindelicorum, alii Tremonicæ in Westphalia apud Gasparum Swarzium patricium tremaniensem extitisse tradiderunt». Anche il Poggio, nelle lettere 207, 208, dice che un suo corrispondente doctus et, ut videtur, minime verbosus et fallax, gli aveva indicato un manuscritto di quest’opera.