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i plinj | 39 |
perchè ci si è usati nella Campania; quella notte poi crebbe così, che, non che muoversi tutte cose, si credeva minassero. Si caccia nella stanza mia madre, mentre io mi levavo per destarla se dormisse: sediamo nel cortile ch’era a pochi passi dal mare. Non so s’io mi debba dirla fermezza o imprudenza; ma io non avevo più che diciotto anni. Chiedo di Tito Livio, e leggo quasi per fare qualcosa, e ne fo degli estratti.
«Quand’ecco un amico di mio zio, che poc’anzi era arrivato di Spagna; e vedendo me e mia madre sedere e leggere, in lei la insensibilità, in me la soverchia fidanza riprende; ed io non per questo tengo intento l’occhio al libro. Già d’un’ora era fatto giorno, e tuttavia dubbia e quasi languente la luce: già, crollate le case circostanti, quantunque in luogo aperto ma stretto, grande era e certo il timore d’una rovina. Allora finalmente ci parve tempo di uscire dall’abitato. Ci segue il vulgo fuori di sè, e, ciò che nella paura par prudenza, antepone al proprio l’altrui consiglio, e a gran folla preme e spinge innanzi quelli, che fuggono. Usciti dalle case, ristemmo. Ivi molti fenomeni, molti pericoli. I cocchi, che avevamo fatti venir fuori, sebbene in suolo pianissimo, a ritroso erano spinti, e neppure per forza di pietre si fermavano sulle proprie orme. Il mare inoltre pareva essere assorbito e, pel tremuoto, quasi risospinto. Certo il lido erasi allungato, e molti pesci tratteneva sulle secche arene. Dalla parte opposta un’orribile e fosca nube, rotta da vorticosi e rapidi avvolgimenti d’infocato vento, scoscendevasi in lunghe fiamme; somigliante, ma più in grande, a lampi. Quel medesimo amico allora, con più forte insistenza, Se il tuo fratello, dice, se tuo zio vive, e’ vi vuol salvi; se è morto, vuol che gli sopravviviate: a che dunque indugiate a fuggire? Rispondemmo, non volere si potesse dire che, incerti della vita di lui, provvedessimo alla nostra. Egli non ristando balza fuori, e a spron battuto schiva il pericolo; ne molto dopo quella nube scende a terra e copre il mare; cinse e ascose Capri, tolseci il promontorio Miseno. Mia madre allora pregarmi, consigliarmi, comandarmi che d’un modo qualunque fuggissi; poterlo fare io giovane; ella, e dagli anni grave e dalla persona, ben volentieri morrebbe, se non fosse stata a me cagione di morte. Io protesto non andrei salvo se non insieme; presala per mano, la costringo ad avacciare il passo; ubbidisce di mala voglia, e incolpa sè stessa ch’io m’indugi. Già la cenere veniva, sebbene ancor rada; volgomi indietro;