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Il 20 ottobre 1872 Vignola e Modena vollero celebrare il secondo centenario dalla nascita del Muratori, e fu una gioja il veder come tutta la popolazione, anche la meno educata, prendesse parte all’applauso renduto al gran concittadino. Ne trasferimmo le ossa, ne incoronammo la statua, ma sopratutto si espose il prezioso archivio di tutte le sue carte, e si pubblicarono libri e dissertazioni, che sempre meglio facciano conoscere e stimare questo grande erudito, onesto uomo, eccellente prete, vero sapiente. E noi, partecipi di quella solennità1, di tutto ci valemmo per compilare questa biografia, che perciò dovrebbe riuscire più compiuta.

  1. Tutti i giornali di quel tempo han riferito le benevolenze mostrate al Cantù; il quale, ad un brindisi improvvisato dal signor Martini, rispose:
    — Le parole del mio amico Martini mi fan venire’ una strana fantasia. Se vedessimo comparire fra noi il prevosto Muratori! non evocato da spiritisti, ma in petto e in persona, come i Modenesi lo vedevano ogni giorno passare dalla sua Pomposa al suo Archivio. Che festa! che tripudio! come tutti vorrebbero averlo veduto, salutato, baciatogli la mano! E perchè? perchè è morto. Sinchè fu vivo l’avran lasciato passare senza nemmeno salutarlo o conoscerlo; qualche canonico, qualche cortigiano, qualche impiegato l’avrà forse guardato d’alto in basso. È dunque vero che, per esser grande domani, bisogna morire oggi?
    «Signori! Non ogni secolo produce un Muratori. Ma pure l’Italia non è isterilita, e fra noi e con noi vivono uomini che l’avvenire ricorderà e loderà, che qualche città o qualche villaggio, come oggi Modena e Vignola, si compiaceranno d’aver prodotto; e forse voi o i vostri figliuoli potrete assistere alla festa del loro centenario.
    «Signori, perchè non cominceremo ad onorarli da vivi? non dico ad impedire gl’inevitabili colpi della malignità e dell’invidia, ma a rimovere qualche bronchi dal loro faticoso cammino. Amiamoli, compatiamo ai difetti delle loro qualità, concediamo loro alcune di quelle piccole compiacenze, che da vivi valgono ben più che i monumenti da morti: lasciamo balenar ai loro occhi qualche raggio di quella gloria, che non accende la sua face se non alle tede sepolcrali.
    «Signori, v’invito a bere ad onore degli uomini illustri, quantunque vivi».