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280 | illustri italiani |
Te non perseguita quella che odia il peccato non il peccatore, che a tutti porge le mamme, che a nessuno chiude il grembo. La Chiesa non può perseguitare Cristo in te, che da Cristo ti scostasti: non ti segua l’ambizione tua, non la tua iniquità, e non avrai alcuno avverso, non alcuno persecutore; sia una sola fede, e sarà una la pace: sia una confession sola nella Chiesa, e una la ragione dell’amicizia. Via i vitelli d’oro; via il culto sulle alture; non vi siano Roboamo e Geroboamo, Gerusalemme e Samaria; sia un solo ovile e un solo pastore».
Altri ancora scrissero all’Ochino, e fra essi l’inevitabile Muzio1, che essendo secolare, assaliva i dissidenti con maggior ferocia, come sogliono i volontarj negli eserciti regolari, senza ricordare che l’odio
- ↑ Girolamo Nuzio, che il nomo mutò in Muzio (1496-1576), aggiungendo justinopolilano perchè, sebben nato a Padova, era oriundo e cittadino di Capodistria, fu uno de’ più fecondi scribacchiami del suo tempo. Servì da secretario a varj personaggi, fra cui al marchese del Vasto, a don Ferrante Gonzaga governator di Milano, al conte Claudio Rangone, col quale passò in Francia; azzeccò risse con molti letterati, e si segnalò nella scienza cavalleresca, come chiamavano allora la teorica de’ duelli, i quali vedendo non si potevano abolire, pensò sistemare, dandovi un’infinità di regole minuziose, come interviene ogniqualvolta s’introduce il casismo.
Il celebre Flaminio, scrivendo a messer Luigi Calino di Brescia intorno al fiorire delle buone lettere dice: — Fra gli ingegni ho sempre numerato quello del nostro messer Muzio, del quale avendo concetto una bellissima speranza, come potrei fare che non mi dolesse sommamente vedendo che così nobile pianta, per essere mal coltivata, degeneri, e donde si aspettavano frutti soavissimi ed eccellentissimi, si raccolgono lambrusche e sorbe?» Innumerevoli sono le opere di costui, ed egli stesso dà il titolo di quelle che uscirono «dalla penna ad uomo, che dal XXI anno della sua età fino al LXXXIV ha continuamente servito, ha travagliato a tutte le Corti della cristianità, e vissuto fra gli armati eserciti, e la maggior parte del suo tempo ha consumato a cavallo, e gli è convenuto guadagnarsi il pane delle sue fatiche». In dieci canzoni celebrò separatamente il viso, i capelli, la fronte, gli occhi, le guance, la bocca, il collo, il seno, la mano, la persona della sua amata; insieme traduceva i testi greci per comodo della storia ecclesiastica del Baronio. Còlto da grave malattia nel 1552, protestò voler «dare al servizio di Dio questo poco tempo che avanza, rivolgendosi tutto agli studj sacri»: ma don Ferrante lo persuase a rimanere a’ suoi ordini. Morto che questo fu nel 1557, il Muzio passò ajo del principe Francesco d’Urbino, cui diresse un Trattato del principe giovinetto. Ne’ viaggi avendo osservato i costumi de’ Protestanti, non gli parvero quali dai lodatori erano vantati, e la loro dottrina confusione ed abusione; e accintosi a combattere la comunione del calice a’ laici, il matrimonio de’ preti e le altre novità, sostenne che non fosse necessario adunare un Concilio; dissuase Lucrezia Pia de’ Rangoni dall’abbracciare