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262 | illustri italiani |
Mentre predicava a Venezia, «illustrissima città, teatro del mondo, emporio di tutto l’orbe, regina dell’Adriatico, vincitrice de’ nemici, miracolo d’Italia», l’Ochino vi ottenne una cella, che elevò a monastero de’ suoi Cappuccini. Nelle deliberazioni del concistoro, o vogliam dire consiglio municipale di Siena, al 21 giugno 1539 si stabiliva che, «essendo buono e molto utile alla salute delle anime che il detto frà Bernardino, che stamane nella gran sala del consiglio fece una salutare predica a tutto il popolo, rimanesse alcuni giorni a predicare nella cattedrale o in palazzo», che quattro illustri personaggi andassero da esso frate a procurare non partisse da Siena, e scrivessero al pontefice, se fa bisogno. Predicando nel 1540, ove in fatto introdusse la devozione delle Quarant’ore, che Siena fu la terza città a praticare; se non che, invece del Santissimo Sacramento, esponevasi il Crocifisso delle Compagnie.
Il Boverio, annalista de’ Cappuccini, non ha frasi sufficienti per lodare l’Ochino, «prudente, sagace, di bei costumi, esercitatissimo per lungo uso di molte cose, ingegno e grandezza d’animo ad ab-
Ha pure tre sonetti in lode dell’Ochino quando predicò a Lucca:
O messaggier di Dio, che in bruna veste,
L’oro e i terreni onor dispregi tanto,
E nei cor duri imprimi il sermon santo
Che te stesso e più’l ver ne manifesta,
Il tuo lume ha via sgombra la tempesta
Del core ove fremea, dagli occhi il pianto.
Contra i tuoi detti non può tanto o quanto
De’ feri altrui desir la turba infesta.
L’alma mia si fe rea della sua morte
Dietro al senso famelico; e non vide
Sul Tebro un segno mai di vera luce.
Si crederebbe veder qui un assenso all’Ochino. Al quale pure dà lode perchè sappia commuovergli il freddo cuore.
Servo fedel di Dio, quel che divento
Allor è don delle tue voci sante.
Tu cui solo è dato
Spesso gl’infiamma (i miei spiriti) e lor mostra e rivela
Gli ordini occulti, e’l bel del paradiso.
In lettera del 1538 da Carignano sua villa scrive ad Annibal Caro: — Ho udito in Lucca, pochi dì sono, frà Bernardino da Siena, veramente rarissimo uomo, e mi piacque tanto, che gli ho indirizzati due sonetti».