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236 | illustri italiani |
rinvenire: Mac Crie, Mac Aulay, Ranke lo dichiararono irreparabilmente perduto. Ma nel 1774 un tal dottore Antonio Ferrario di Napoli ne avea deposto un esemplare nel collegio di San Giovanni in Cambridge, con uno della traduzione francese del 1552. Ivi testè fu ritrovato; indi un altro nel 1857 nel collegio medesimo, ch’era appartenuto a Laura Ubaldina, poi al vescovo Moore, poi a re Giorgio I, il quale lo donò ad essa biblioteca. Una traduzione in croato, edita il 1563, era stata dal celebre filologo Kopitar deposta nella biblioteca di Lubiana, dove giace pure un esemplare dell’italiano. Se l’essersi distrutte tutte le copie dell’italiano può darci argomento della potenza dell’Inquisizione, è inesplicabile che non si facessero più ristampe nemmanco delle traduzioni, talchè di esse pure v’avea tanta rarità, finchè il reverendo Ayre riprodusse nel 1847 la versione inglese, sulla quale si fece una versione italiana, stampata a Pisa nel 1849, ed una migliore colla data di Firenze; poi scopertosi l’originale, fu diffuso dalla società biblica e si venne così a conoscerlo ed a parlarsene1.
È un opuscolo in buon italiano, dove è asserito che, avendo Cristo versato il sangue per la salvezza nostra, noi non dobbiamo dubitare di questa, anzi conservare la massima tranquillità. S’appoggia ad autorità antiche per affermare che coloro, i quali rivolgono le anime a Gesù crocifisso, e si affidano per mezzo di esso a Colui che non può ingannare, sono liberati d’ogni male, e godono il perdono di tutte le colpe.
Il peccato originale (insegna) fu causa de’ nostri mali, ma non li
- ↑ The benefit of Christ’ s dealh, reprinted in facsimile front the italian edition of 1543, together with a french translation printed in 1551, to which is added an english version made in 1548 by E. Courtenay earl of Devonshire, with an introduction by Churchill Babinglon. Londra, 1800.
Conosciamo cinque edizioni in italiano fatte a Lipsia dopo il 1855, in tedesco ad Amburgo e a Strasburgo nel 1856; a Vevey e Lausanne nel 1856, ed a Parigi. A Torino nel 1860 se ne formò una stereotipa. Per trovare l’originale bastava ricorrere alla biblioteca della Minerva in Roma, fondata dal cardinale Torrecremata, poi riccamente dotata dal cardinale Casanatta, che fu bibliotecario della Vaticana (1620-1700). I Domenicani di quel convento aveano la licenza di leggere qualunque libro, per veder quali proibire; locchè fa rinvenire in quella biblioteca una quantità di libri, divenuti rarissimi, e fino unici. Clemente XI, nel 1701, avea publicato regole per il modo di conservar essi libri separatamente, e comunicarli solo a chi n’avesse formale licenza.