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tommaso campanella | 231 |
è panteista di conseguenza, dicendo che Dio crea per una certa emanazione. Che se l’uomo possiede un’intelligenza immortale, quanto meglio il mondo, che più di tutti è perfetto? Che tutto abbia vita e sentimento gli sono prova la calamita e il sesso delle piante; e con eloquenza dipinge le simpatie della natura e l’effondersi della luce in tutte le parti con un’infinità di operazioni, che non è possibile si compiano senza voluttà.
Cartesio, il quale pur era tutt’altro che avverso alle novità, scrive: — Quindici anni fa ho letto il libro De sensu rerum ed altri trattati del Campanella, ma fin d’allora trovai sì poca solidità ne’ suoi scritti, che non ritenni memoria di cosa alcuna. Non saprei ora dirne altro se non che, quelli che si smarriscono affettando battere strada straordinaria, mi pajono meno compatibili di quelli che si smarriscono in compagnia di molti altri».
Dotti e principi presero interesse pel Campanella; Paolo V spedì lo Scioppio a Napoli per trattare della sua scarcerazione: e questi, se non altro, gli ottenne di poter leggere e scrivere e carteggiare. Urbano Vili riuscì alfine a trarlo a Roma, col pretesto che al Sant’Uffizio competesse il giudicarlo, perchè avea professato magia; anzi lo prese tra’ suoi domestici per aver occasione di fargli un annuo assegno, di che Gabriele Naudée lo ringraziò con lungo panegirico. Ivi era careggiato da molti, e fra altri conobbe l’ambasciador francese duca di Noailles che lo colmò di cortesie. Viepiù lo detestarono gli Spagnuoli, che un giorno s’affollarono attorno al palazzo di Francia, chiedendo d’averlo nelle mani, e bisognò la forza per dissipare il gentame. Pertanto e il papa e l’ambasciadore lo consigliarono a trasferirsi, sotto spoglie e nome mentito, a Civitavecchia e imbarcarsi per Francia (1634). A Marsiglia Claudio Peirese, di letterati fautore caldo e intelligente, mandò a prenderlo colla propria lettiga, e l’ebbe seco più giorni ad Aix, donde il fe portare a Parigi. Quivi Luigi XIII, il cardinale Richelieu, il vescovo di Rohan lo colmarono d’onori e pensioni: egli consigliere di Stato, egli presidente all’Accademia, sempre in corrispondenza con Urbano VIII, finchè morì il 21 maggio 1639, e fu sepolto con pompa regia e numerosissimo concorso.
Tutti gli storici della filosofia tennero conto del Campanella, chi esaltandolo come originale, chi trattandolo da impostore. Pretendesi che molte opere sue fossero usurpate da altri, ed egli