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tommaso campanella | 225 |
Con tali idee tornato nella Calabria il 1598, vi trovava soffogate ma non estinte le dottrine dei Valdesi; bollenti le contese di giurisdizione ecclesiastica cogli Spagnuoli, e il vescovo Montario n’era fuggito, lanciando l’interdetto sulla città di Nicastro. — Tutte le città principali (scrive egli stesso) oltre le discordie tra gli ecclesiastici e i regj, erano divise in fazioni; e tutti i conventi erano pieni di banditi, e il vescovo li dava da mangiare per zelo della giurisdizione, mentre erano assediati dagli sbirri in sostegno delle attribuzioni regie». Il Campanella s’intromise di pace fra il vescovo e la città, ascoltato, dice il Naudée, come un oracolo; ma con ciò spiacque a coloro, cui le risse giovavano nè la scomunica facea paura; e viepiù quando sostenne le pretensioni ecclesiastiche contro del Governo. Straordinarie inondazioni, tremuoti, eruzioni di vulcani lo persuasero che il rinnovamento fosse vicino: e doverne essere stromento lui, che sentivasi capace «d’insegnar in un solo anno la filosofia naturale, la morale, la politica, la medicina, la retorica, la poesia, l’astrologia, la cosmografia e ogni altra scienza, e di render abile ogni mediocre ingegno a convincere in una sola disputa tutti gli eretici»: e che cantava:
Io nacqui a debellar tre mali estremi, |
La fede può tutto: nulla è impossibile al credente, pensava egli: e più l’incoraggivano i delirj astrologici, perocchè, dic’egli stesso, «degli astrologi un tempo fai nimicissimo, e in gioventù scrissi contro di loro, ma dalle mie sventure imparai che molte verità scoprono essi»2. Computando sulle nuove scoperte celesti, avea veduto come certe grandi innovazioni succedono nel mondo ogni ottocento anni. Una fu al tempo di Cristo; e ora stavano per compiersi la seconda volta gli ottocent’anni3, sicchè si attuerebbe una civiltà religiosa, che fosse il regno della ragione eterna nella vita dell’umanità.