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cui unione è ancor più rara. Replicherò solo quanto al costume, che io non intendo mai di offenderlo veramente, e che, se questo mi nasce, mi nasce ^senza ch’io me ne avvegga. Anche ultimamente mi sfuggì pur qualche cosa che avrei volentieri cancellata; anche in queste cose l’amico tranquillo vede assai meglio del compositore riscaldato. Credi di non aver oltrepassato que’ limiti che ti hai prefisso, e t’inganni».

Molte donne nel veneto raccoglievano vivaci conversazioni, lontane dalla maledica ciarla come dal lurido intrigo politico: a Venezia la Isabella Teotochi Albrizzi, Giustina Michiel, Marina Benzon, Lucietta Cicognara, Antonietta Parolini; a Verona Lavinia Montanari Pompej, Anna di Schio Serego, Teresa Albarelli Vordoni, Silvia Verza...: e il Pindemonte, che «non ha mai creduto nelle donne un difetto la bellezza e la gioventù», le frequentava anche dopo che «di Lesbia e di Flaminda accanto» avea cessato di lodare «con molle tenero canto due nere luci e una serena fronte». La Teotochi Albrizzi così ne ritrae il carattere: — L’animo suo, sempre per sè stesso tranquillo, è qual terso specchio che s’avviva ai raggi del sole, o si appanna ai vapori della nebbia: pronto a tingersi del colore lieto o tristo dei pochi ma cari amici del suo cuore. Il suo metodo di vita è così inalterabilmente uniforme, che non si sa ben distinguere s’egli sia fatto schiavo del tempo, o a sè abbia reso il tempo schiavo. Le ore tutte della sua giornata, quelle della notte, sono misurate e ripartite in modo, che si può calcolarle con la stessa sicurezza con cui l’astronomo calcola le successive direzioni degli astri. Questo lo rende un essere alquanto isolato e singolare. Se largamente non ridonasse sè stesso nella maggior parte delle sue molteplici, varie e tutte belle opere, in cui la profonda cognizione del cuore umano, la sensibilità, il candore, i santi e puri costumi del suo cuore ad ogni linea appariscono, giusto sarebbe lagnarsi di possederlo poco; ma tale sicurezza acqueta; quando parte, si dice: «Noi perdo del tutto; egli va a dipingersi; lo rivedrò fra non molto». Nè men ti piace qualora il ridicolo con robusto pennello tratteggia, l’usurpazione fa detestare, il vizio abborrire. L’arte difficilissima di tacere opportunamente, natura pare in lui. Amico fido, sicuro, quasi le chiavi restassero dell’altrui secreto nelle mani di chi glielo affida, liberamente si può aprirgli il cuore. La personale sua indipendenza ama fino alla superstizione. Gli si offre una gita piacevole, un concerto