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210 | illustri italiani |
in un discorso all’Istituto; e Ilario Casarotti (letterato e filologo di qualche nome), in una lettera al professore Antongina, conservò un dialogo su tal proposito tenuto fra lui, il Pindemonte e lo Zuccala in casa Bellisomi a Pavia nel 1827.
Alcuno lo rimproverava il non far altro che citareggiare,
Sempre la cetra in man? viver cucendo |
Sempre poeta dello stile medio, ma sempre cantando la beltà savia e la virtù gentile, «cercò farsi leggere senza dar in esagerazioni, e rendendo migliori gli uomini» (Abaritte). A chi gli rinfacciava di consolarsi colle lettere dei mali della patria, chiedeva se lo loderebbe del consolarsene con Bacco, Venere e Mercurio. Alludendo al Proteone del Gianni, scrive al Bettinelli: — Mentre altri riempie d’odio i suoi versi, io riempio i miei d’amicizia. Compiango l’autore, parendomi non vi debba essere passione più tormentosa dell’odio: dico parendomi, poiché, grazie al cielo, non l’ho provata giammai».
Accettava i consigli d’amici, come il Parini quei del Passeroni, il Gozzi quei del Seghezzi, l’Alfieri del Galuso e del Calsabigi, il Beccaria del Verri, ed altri che in quell’età, non ancora ossessa di fratellanza, s’aveva la fortuna di trovare. E al barnabita Francesco Fontana scriveva nel 1782: — Oh quanto le sono obbligato dell’ultima sua!’ Così vorrei sempre che mi venisse parlato, cioè con quella ingenuità, unita a quell’armonia e a quell’accortezza; cose rare e la
Antica l’arte
Onde vibri il tuo stral, ma non antico
Sia l’oggetto in cui miri; e al suo poeta
Non a quel di Cassandra, Ilo ed Elettra
Dall’Alpi al mare farà plauso Italia.