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ribile maschera di gloria. Di ciò vantaggiavansi non poco i suoi amici per farne raffaccio al Monti, col quale, sebben di tanto inferiore, fu però in tutta la vita messo a un confronto, che pareva suggerito fin dal nome. E la gara crebbe allorchè Ippolito stampò l’Odissea.

Fin quando Foscolo pubblicò il saggio di traduzione dell’Iliade, Pindemonte gli scrivea1:

«Venezia, 2 maggio 1807.

“Leggo e rileggo i versi e la prosa, e sempre più ammiro l’ingegno vostro in così difficile impresa. Il tradurre in tal modo è uno scolpire in porfido: l’opera vostra potrebbe accanto al marmo pario di Monti dilettar meno il più de’ lettori, ma sarà forse ammirata più dagl’intelligenti. Gli altri traduttori osservan più o meno in faccia il signor dell’altissimo canto: ma voi gli andate dentro alle viscere. Voi vorreste ch’io esaminassi e postillassi, ed io volentieri vi servirei; ma in tali cose, quando si viene al particolare, non si finisce più, e per lettera massimamente. Sopra tutto voi volete censure, ed io vi esporrei sinceramente, poichè sinceramente mi par che me li dimandiate, i miei dubbj, ch’io non ardisco chiamar censure. Per darvi un saggio della schiettezza mia, e non già per correggere, osserverò, che Omero si ferma dopo il pestifera, parola importante, e che voi, collocando l’orrenda tra quel che e le parole che il seguono, venite in certa guisa a nasconderlo. Al moversi del Dio sdegnato i dardi strepitavano, ecc. Voi separate il moversi del Dio dallo strepitare de’ dardi. Non vi pare che ciò tolga un po all’evidenza della pittura? Delle navi piantasi in vista disfrenando il dardo; bello il disfrenare del dardo, e bello il verso che segue; ma delle due azioni di Apollo non ne fate voi una sola? Se non si trattasse d’una traduzione, ch’esser vuole inerente, sarei meno t scrupoloso. E tutta chiusa la faretra, non dico che non si possano collocar così tai parole: dico ch’io così non le collocherei. E non direi nemmeno, giacchè siam su la lingua, accennò i sopraccigli. È vero che Alfieri dice se il capo accenni: ma voi sapete, che quel raro ingegno si lasciò tradire, e non una sola volta, dall’amor suo per la brevità. Ma empierei venti fogli, se dovessi notare ciò che mi

  1. Lettera posseduta con molt’altre dal signor Bianchini.