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barnaba oriani 203

partono sopra i cavalli ch’erano sulla facciata della chiesa di San Marco. Non essendovi più Veneziani, è chiaro appartener que’ cavalli ai Francesi, che insieme co’ Veneziani li conquistarono”. E cantava

Ove siam, Vittorelli? e che mai visto
     Non abbiam noi? Fu mia delizia i giorni
     Condurre all’ombra de’ tranquilli boschi;
     Ma quale ornai v’ha gleba che il guerriero
     Sangue germano e gallico non lordi,
     O che il pianto del suo cultor non bagni?
     Villa mi biancheggiava in un bel colle
     Che distrutta mi fu. Qual prò se ancora
     Stesse non tocca? i circostanti oggetti
     Per me tutti cangiavansi.
                                        Quai fresche
     Ritrovo io qui memorie acerbe! e quanti
     Mutati dal dolor volti a me noti
     Rincontro, ch’io più non ravviso!

E a ragione deplorava:

Ahi stolta Italia che spogliasti l’armi!
Palla non vedi, cui son l’arti a cuore
Vestire in lor difesa elmo e usbergo?

Le Prose e poesie campestri sono la più spregevole delle sue opere, dove con “gli estri melanconici e cari” parve preludere alle meste armonie moderne; e la Melanconia cantò in una canzoncina, che vivrà fra le buone liriche per tre o quattro belle strofe.

Fonti e colline
     Chiesi agli Dei:
     M’udirò al fine:
     Pago vivrò;
          Nè mai quel fonte
     Co’ desir miei,
     Nè mai quel monte
     Trapasserò....

Melanconia
     Ninfa gentile,
     La vita mia
     Consacro a te.
          I tuoi piaceri
     Chi tiene a vile
     Ai piacer veri,
     Nato non è....1


  1. Disse alcuno che il Pindemonte “deve forse alla lima la maggiore sua riputazione”. La lima non può migliorare che un’opera già ben formata, e in tal senso