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202 illustri italiani


Finchè tante parlar lingue degg’io, (?)
Tante seguir leggi ed usanze, e tanti
Scettri trattar nè averne alcuno? ed ambe
Le mani, in così dir, mettea nel crine.


Così nelle Epistole, ove piange i disinganni, e sopratutto lo scompiglio, che l’infuriar delle guerre e l’invasione straniera dovè gettare fra que’ placidi Veneti, fra la serenità di quel vivere in villa, delle serene, conversazioni, degli amori non tempestosi che il Pedemonte avea cantato sotto il nome arcadico di Polidete Melpomenio. E avrebbe amato

                                                  celarsi
Sotto l’intreccio ancor di que’ frondosi
Rami ospitali, e udir da lunge appena
Mugghiar del mondo la tempesta, urtarsi
L’un contro l’altro popolo, corone
Spezzarsi e scettri.

Assistette alla fiacca caduta di Venezia, s’indignò quando lo straniero ci rapiva i capi dell’arte nostra, e demoliva edifizj venerati1, ed esclamava: — Quando Gengis-kan entrò in Pekino, non credo i Cinesi s’occupassero nel sentir Marchesi (famoso soprano) e nel giocare a un fortissimo faraone in cento e più luoghi.... Non ho mai veduto il più lieto carnevale; nè mai ho veduta tanta bizzarria, varietà, ricercatezza, licenziosità negli abiti ed ornamenti donneschi Son tanto numerosi quelli in maschera come quei che noi sono in Venezia.... I Francesi pajono disposti a partire: e

  1. E voi, pennelli della Grecia degni,
    Rafael, Tizïan, Paolo, Correggio,
    Con lavoro sì fin l’ombra e la luce
    Mescolate da voi sulle animate
    Tele fur dunque perchè il vostro ingegno
    Da pareti straniere indi pendesse?...
    Se le immagini sculte o le dipinte
    Tante mura lasciaro ignude e meste.
    Quello almen che la terra in se confitto
    Ritenea ci restò. Folle, che parlo?
    Ecco tremando e rimbombando forte
    Muraglie aprirsi, ecco tremendi massi
    Staccarsi, rovesciarsi, e ondeggiar torri, ecc.