Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/21


cagliostro 13


Meglio ne avvisarono la natura i pontefici, e come fine reale ne fosse il togliere via le differenze che la religione pose fra gli uomini, ed accogliere chiunque deserta da qualsiasi fede positiva.

Laonde sin dal 28 aprile 1738 Clemente XII denunziava i pericoli di queste accolte di persone d’ogni fede; del segretume che ne proteggeva i riti e gl’intenti; dell’opposizione alle leggi e canoniche e civili. — Vario ne corre il grido (diceva il papa): ma se volgonsi a scopi onesti, perchè tanti arcani?» Laonde ammoniva i fedeli ad astenersene e non favorirle in verun modo, sotto pena di scomunica, la quale non potesse sciogliersi che dal sommo pontefice, salvo che in articolo di morte. Inoltre agli inquisitori ingiungeva di procedere come contra gravemente sospetti di eresia, invocando, ov’uopo fosse, il braccio secolare.

Con ciò la Chiesa non faceva che mostrare il carattere solito di tutrice della libertà, non compatendo vi fossero persone che giuravano obbedire ciecamente ad un capo. A molti bastò quest’avviso per ritrarsene, ma essi (dice il Muratori negli Annali d’Italia) allora pubblicarono le regole loro, dalle quali risultava «terminare la massoneria in una invenzione di darsi bel tempo con riti ridicolosi, ma sostenuti con gran gravità; nè altra maggior deformità vi comparve se non quella del giuramento del segreto preso sul Vangelo, per occultare siffatte inezie»1.

E molti in fatto non ci vedevano che un legame di benevolenza universale, una scuola di pensare spregiudicato; al più un’arte degli astuti per acquistare influenza, distinzioni, denari, in funzioni per le quali nessuno studio occorre. E poichè alle scomuniche attaccavasi ancora qualche importanza, quando morì il papa dissero che la condanna da lui proferita cessava con lui, non avendola il successore confermata. Benedetto XIV stimò dunque bene ripeterla, lodandola in tutto, ed esortando i principi a ricordarsi che furono eletti da Dio a difensori della fede e protettori della Chiesa. Cercavano i mezzi di conoscer tutti i segreti de’ gabinetti, de’ negozianti, delle curie, e comunicarli con gran rapidità, per via di esploratori e di

  1. Le loggie italiane dipendettero dal Grand’Oriente di Parigi, fin quando nel 1833 sè ne istituì una indipendente a Torino, L’Ausonia, di cui furono capi il Dal Pino, poi Camillo Cavour. Alla costui morte si istituì un vero Grand’Oriente autonomo, che sedette a Torino fino al 1864, poi a Firenze sin al 1871 quando fu trasferito a Roma. I granmaestri furono Córdova, Garibaldi, Frapolli, Giuseppe Mazzini.