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La famiglia veronese dei Pindemonte dev’essere di nobiltà intemerata. Perocchè, volendo il marchese Landi di Piacenza sposare Isotta de’ Pindemonte, come garanzia di puro sangue richiese che un fratello di essa ottenesse la croce di cavaliere di Malta. Questa non conferivasi che a nobili di molte generazioni, e portava un triplice voto, che nei più conduceva a triplice sacrilegio: di povertà, castità e obbedienza. La qual croce fu ottenuta da Ippolito, nato a Verona il 13 novembre 1755; ma questo giovinetto essendo di piccola salute, non potè fare la caravana, cioè le corse marittime contra i pirati barbareschi, e rimasto in patria, riuscì fra i buoni poeti e fra i migliori letterati dell’età nostra, non fra i grandi.

Mentre il piemontese Alfieri lagnavasi che, «nato da Vandali, educato fra Vandali, facea de’ tardivi sforzi per disasinirsi», nella casa del Pindemonte frequentavano Giuseppe Torelli e il Sibilato poeti, Girolamo Pompei traduttor di Plutarco, lo Spolverini cantore del Riso, Eriprando Giuliari autore delle Donne celebri della santa nazione, ed altri di quella società culta, che una volta abbelliva le città ed educava il gusto: anche Scipione Maffei lo vide «pargoleggiar nelle paterne case»; ed ebbe l’educazione, libera di programmi ministeriali e di esami prefettizj, che allora impartivano ai nobili i collegi d’ecclesiastici, dove molto si attendeva pure agli esercizj ginnastici. Ippolito attirò applausi comparendo da ballerino sul palco: e primeggiò in altri svaghi di gioventù; benchè tutta la vita soffrisse gracilità di corpo come di stile.