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mente la minore quella di veder perfezionato, sotto la sua influenza, un lavoro che tutta Italia aspetta con impazienza”1.

I cavalieri Monti, L. Bossi, L. Rossi esaminarono questi appunti. Il Rossi mostrossi accannito alla Crusca, denigrandone i presenti membri e la secolare sua pretensione d’imporre a tutta Italia il dialetto toscano, e i molti sbagli in cui cadde, e l’avervi inserito “molte locuzioni toscane triviali e antiquate, le quali non fanno in ultimo che inceppare e degradare la lingua, e renderla oscura pe’ nazionali, e difficilissima, se non inintelligibile pe’ forestieri. Il solo dissenso dei due corpi accademici su questo punto di massima basterebbe a ritardare di molto, e forse ad impedire la pubblicazione desiderata del Vocabolario”. Sono le baje che, e prima e dopo, echeggiò la plebe letteraria. Vincenzo Monti, il cui gusto emendava o almen redimeva gli errori di raziocinio, stese un ragguaglio che, come opera inedita di così insigne scrittore, riferirò intero, sottoponendo ai debiti luoghi le contr’osservazioni che il Governo fece.

“Eccellenza,

“Riverente ai superiori comandi, l’Istituto Cesareo espone il suo netto parere sulle osservazioni da V. E. comunicate.

“E primieramente quanto alle opere del Bergantini, che l’egregio osservatore ne raccomanda, e sulle quali si è dovuto consumar molti giorni e molta pazienza, l’Istituto è d’avviso che, al grande scopo di riformare il Vocabolario Italiano, poco sia l’utile che può cavarsene, e molto il pericolo di peggiorarne le piaghe anzi che risanarle. Il Bergantini a null’altro ha posto il suo studio che a far cumulo di parole (alta qual fatica tutti son atti), traendole senza scelta e senza critica ponderazione da ogni fatta di libri, la più parte non approvati, siccome quelli in cui la pesca de’ nuovi vocaboli è più copiosa. Nè ad aver per buoni gli scrittori da cui li tolse basta il privato giudizio del Bergantini. Egli è necessario che vi concorra l’universale consenso dei dotti. Altrimenti, rotto quest’argine, ciascuno, sull’esempio del Bergantini, fattosi accettatore di tutti i nuovi vocaboli che lo contentano, la lingua si spande in una messe di confusione che non ha termine. E allora è tutta indarno l’opera dei vocabolari, i quali dalla sapienza dei dotti ad altro fine non sono stati ideati, che a contenere il corso della favella dentro i confini della perfezione, e a comprimere lo spirito della licenza, che, abbandonata a tutto il suo impeto, la condurrebbe ad una totale dissoluzione.

“Un altro grave difetto è pur da notarsi nel Bergantini. Classico o non classico, ci porta il nuovo vocabolo senza mai portarne l’esempio. Questo

  1. Questo rapporto, destinato al Reggente, era firmato da De Capitani consigliere e Bernardoni secretano. Il Bernardoni, autore di varie operette poetiche e filologiche, è morto il 1852. Paolo De Capitani, divenuto poi consigliere aulico presso il vicerè, entrò come membro onorario dell’Istituto nel 1838, e morì il 1846, di 69 anni.