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appendice d 171

Stratico; molti diceano tener già in pronto lavori, e principalmente il Rossi copiosissima messe di nuovi vocaboli tratti dai classici; il Mengotti un esteso lavoro sui proverbj; lo Stratico su termini di marina, oltre quelli pubblicati nel suo Dizionario; il Monti uno spoglio dell’Ariosto.

Era necessaria una orditura, secondo cui tessere quei lavori, e fu stesa dallo Stratico. Dichiarava egli il Dizionario dell’Alberti di lunga mano superiore a quel che erasi cominciato da Bergantini; e su quello proponeva s’esercitasse l’esame delle Commissioni, le quali doveano aver nell’Istituto una sala con tutti i dizionarj speciali, che egli divisava e che ciascuno conosce. Tralascio le norme pratiche, solo indicando quella d’inviar qualche persona capace in Toscana, a Roma, a Milano, che nelle officine varie raccogliesse le voci d’arti e mestieri, coll’ajuto di dizionarj francesi, ne’ quali sono in generale ben definite, e sovente dichiarate con opportune figure. Non credea necessario citar sempre gli esempj: amerebbe l’equivalente parola latina; vorrebbe accenti per la pronunzia: e che si ponessero anche le voci dell’uso, che è da rispettarsi in fatto di lingua.

Lavori parziali vennero comunicati all’Istituto, ma sono un nulla a petto a quello del Monti, che, oltre lo spoglio dell’Ariosto, porgeva dizioni di classici e appunti alla Crusca, da formarne quattro volumi.

Notificatigli tali cominciamenti, il Governo facea varie osservazioni, e principalmente su altre opere del Bergantini; credea necessario sempre si citasse l’autore1; raccomandava di invitare i dotti a collaborare, “giacchè da noi s’ignorano finchè non siensi prodotti colle stampe”, e citava il Perego favolista, Felice Bellotti, l’abate Maj, usciti con opere lodatissime, mentre prima nessun sapeva dei loro lunghi studj. Compiuto poi che sia il lavoro, vorrà l’Istituto medesimo pubblicarlo, mettendosi di concerto colla Crusca: altrimenti questa potrebbe dar fuori il suo Vocabolario senza por mente a quel dell’Istituto, e così se n’avrebbero due, fatti con metodo differente, e che diverrebbero seme di anarchia fra gli scrittori. Il prendere accordo con quell’Accademia sarebbe viepiù necessario, perchè, ad ammetter una parola o una frase non registrata dalla Crusca, non basta che la si trovi in qualche autore, la Crusca avendo per divisa di sceglier il più bel fiore: ancor più necessiterebbe il concerto quanto agli autori nuovi da spogliarsi. Nè si objetti che con ciò si tolga a un corpo insigne un diritto, che pur fu esercitato dal Bergantini e dal Cesari. Qualunque giudizio uom porti, su questi, poco cale che la Crusca non diasi intesa dei loro lavori, mentre l’Istituto gode tal rinomanza che non potrebbe esporsi all’affronto, e forse s’impegnerebbe in una disdicevole briga letteraria. Meglio varrebbe, per via diplomatica, iniziar un accordo fra le due Accademie, che dalle altre verrebbe imitato, “Nè delle tante glorie di che si circonda l’augusto nostro sovrano sarebbe certa-

  1. L’Alberti nel primo volume cita l’esempio, non l’autore. L’Accademia Francese, molto meglio, fa essa gli esempj.