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160 | illustri italiani |
Enea, ai Pelidi, ai Goffredi, agli Orlando; Selma e Malvina alle Antigoni e alle Cesire; v’era ancora un “cieco d’occhi e divin raggio di mente”, ma aveva combattuto, era figlio di re, signore dei canti, e il vento delle montagne fischiando fra le corde della sua arpa davagli l’illusione di ombre degli estinti eroi che venissero a chiedergli il canto, in cui vivrebbero eterni.
Pure alcuni dubitarono dell’autenticità di que’ componimenti, e conservarono tanto buon senso da respinger il senso comune, e vedere che poteano ben essere l’opera d’un mediocre verseggiatore come il Macpherson. La contesa si agitò coi soliti modi della passione. Sarebbe stato semplicissimo che altri si recasse ad intendere dai pastori scozzesi le canzoni stesse: o che almeno il Macpherson le pubblicasse originali, quai le avea raccolte da essi: ma gli spedienti semplici non sono mai i preferiti. Sol tardi si pubblicò un testo nel linguaggio gaelico della Caledonia, ma si dimostrò che non era se non una traduzione della prosa inglese, benchè sembri assumere un tono più riposato e un colorito particolare. La quistione agitossi a lungo, e non è ancor affatto risoluta. Il ritenere che Macpherson e Smith inventassero ogni cosa, supporrebbe in essi una identità di genio, non possibile in natura. D’altra parte Macpherson era uom religiosissimo e persistette sempre nell’asserire quel trovato: stimabile ecclesiastico era pure Smith. Mentre il gentile poeta Gray non rifiniva di lodare quelle poesie, il sapiente critico Johnson ne fu il più acre impugnatore, e dopo un diligente viaggio nelle Ebridi, attaccò violentemente Macpherson, che altrettanto virulento rispose: e che poi morendo (1796) lasciò mille sterline a Giovanni Mackensie, affinchè stampasse il testo originale delle poesie di Ossian. Infatti la Highland Society nel 1805 mandò fuori una relazione, compilata da Mackensie suo presidente, diretta a provare l’autenticità di que’ carmi. Vennero in terzo gli Irlandesi, pretendendo che quel bardo appartenesse alla gente loro, non alla scozzese. Realmente i mandriani hanno certe canzoni, ma, se stiamo a quei che meglio ne discorsero, quali O’Reilly e Drummond, pochissimo presentano di quanto sta in Macpherson, e non sarebbero più antiche del secolo ottavo: ed anzichè prodotto della Scozia, parrebbero dell’Irlanda. Man mano che si pubblicano testi di poesie popolari, come n’entrò la smania nel secol nostro, rinnovasi il paragone con Ossian; e ultimamente fu fatto in occasione dei canti della Bretagna continentale. Lungo troppo sarebbe il riportar qui i documenti o neppur le ragioni contraddittorie; onde ci accontenteremo di registrar le opere principali che potrà consultare chi voglia chiarirsi.
Primi saggi nello Scottish Magazine, 1756, january, e nei Remains of ancient poetry, collated in the Highlands of Scotland (Edimburgo, 1760, in-12°).
Fingal, an ancient epic poem in six books, with several other poems, ecc., by Ossian, the son of Fingal (Londra, 1762, in-4°).
The songs of Selma, from the originai of Ossian (ivi, 1762, in-4°).
Temora, an ancient epic poem in eight books, ecc., translated from the same (ivi, 1763, in-4°). Comprende un libro nel supposto originale.