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appendice b 155


Voi avete detto anche prima della vostra partenza ch’io era odiato dal mondo, e più temuto che amato nelle case dove io vi vedeva. E ciò mi fa detto da persona che venne subito da casa vostra a scongiurarmi, piangendo, di mutar modi. Ma io ho lunghe prove dell’amore di molti, e son certo che non si stima il mio povero ingegno, se non perchè s’ama la nobiltà del mio cuore: e d’altra parte Venéri e Vaccari mi si mostrarono e mi si mostrano tanto cordiali, ch’io li pagherei d’ingratitudine e di villania se non li frequentassi, e non li stimassi per nobilissimi fra quanti mortali ho mai conosciuto nel mondo, dacchè vedo che co’ loro amici si spogliano della loro dignità, e vivono colle sole qualità dell’uomo nè padrone, nè servo. E ch’io li ami più per loro stessi che pei loro titoli, ne sia prova che nulla in due anni ho mai chiesto a Venéri; e che a Vaccari non ho parlato di me se non nel primo mese del suo ministero, e ne ho parlato per non meritarmi da lui e da me medesimo la taccia d’orgoglio. Da indi in qua, e fu verso la metà di novembre, non no più aperto bocca per me o per altri, tranne per lo stampatore Bettoni, ch’io voglio vedere schernito come ciarlatano letterario, ma non carcerato come mercante fallito. Ora voi tornate a dire che il ministro dell’interno si mostra pentito di avermi offerto stanza in sua casa, anzi narrate ch’ei m’abbia detto non convenire nè al suo decoro, nè al mio, che abitassimo insieme. Monti mio, il ministro non ha mai detto nulla di decoro e di convenienza. Altri l’ha foggiato malignamente, e voi al solito l’avete creduto; e per compiangere la mia imprudenza, e per consigliarmi a pensar meglio alla mia utilità lo andate ridicendo a’ nostri amici; ma badate che a me non importa, se non che gli amici miei e gli uomini pari vostri non si facciano complici di bugiardi, e di quei bugiardi che non mentono a caso.

La cosa sta così. Due. o tre volte il ministro alla sua tavola e a quella di Venéri mi esibì, sorridendo, alloggio in sua casa; ed io non accettai se non sorridendo. Ma io pensai che non conveniva nè al mio decoro, nè alla mia sicurezza ch’io abitassi con lui; anch’egli pur troppo avrà molti nemici, meno ciarlieri per avventura, ma più potenti; ed io parlo con assai libertà d’aspetto e di voce. La novella trattanto andò per la città, perchè due o tre commensali di Vaccari non taciono nulla, e sanno esagerare ogni cosa. A molti che si consolavano meco e mi credevano già secretano o chi sa altro, risposi sempre negando e scherzando; ma Pecchio, assistente del Consiglio di Stato, e che vedrete in casa Bignami, vi farà fede ch’io, fino dalle feste di Pasqua, tempo di quella novella, dissi seriamente che non mi tornava d’abitare con verun uomo in carica. Il ministro non me ne parlò più, nè io gli mossi il discorso; e tutto cominciò e finì sorridendo.

Del rimanente, mio caro Monti, vivete sicuro ch’io continuerò sempre a provvedere più al decoro che agli agi della mia vita; più alla tranquillità degli altri che al mio piacere; e più alla dignità degli amici in carica che alla puerile ambizione di vivere famigliarmente con essi. Però Borsieri, dopo le guerre al suo articolo, e qualch’altro giovane bisognoso di